In prigione ad Anse-à-Veau

La scorsa settimana siamo tornati a visitare con Francisco la prigione di Anse-à-Veau, ma questa volta accompagnati da due signore della pastorale « Jistis ak Lapè » (giustizia e pace).

La jeep è piena, perchè oltre ai passeggeri, abbiamo anche 4 letti con altrettanti materassini per l’infermeria della prigione e alcune scatole di saponi da portare in regalo.

L’obiettivo principale della visita in realtà è quello di verificare lo stato di un detenuto, mai processato, in prigione da 3 anni per aver rubato un telefono.

Parlando con la delegata di « Jistis ak Lapè », Madame Wilna, scopriamo che oltre a detenzioni spropositate, perché in attesa di giudizio, ci sono anche casi di prolungate prigionie, a causa dell’impossibilità dei detenuti di pagare cauzioni di pochi franchi!

Come ci spiega Wilna, il problema del sistema giudiziario haitiano è la detenzione preventiva che consiste nell’incarcerazione delle persone che può prolungarsi anche per svariati anni, prima di aver formulato la condanna, indipendentemente dal reato commesso.

Giunti alla prigione entriamo abbastanza rapidamente, e mentre Maria Laura si occupa di parlare con gli infermieri per capire la situazione sanitaria, io e Francisco distribuiamo le saponette e scambiamo qualche parola con i detenuti. Si capisce che anno bisogno di essere ascoltati, e ognuno avrebbe qualcosa da chiederci.

Ci sono criminali di ogni genere, ma anche semplici sfortunati che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. A vederli però ammassati dietro le sbarre, mezzi nudi ed emaciati, con sguardi profondi e provati, sembrano tutti semplicemente uomini in condizioni disumane.

Mi emoziona in particolare uno di loro che non chiede nè soldi, nè i miei occhiali o le scarpe, come fanno tanti, ma una semplice penna. Vorrebbe scrivere alla famiglia, ma ha solo un foglio. Dapprima gli dico che gliene porterò una la prossima volta, ma quando vedo che mia moglie ha terminato di prendere appunti in ambulatorio, gli sfilo la penna e la do al prigioniero che si illumina di gioia…

Molti ci danno dei foglietti in cui sono scritte le ricette degli infermieri che prescrivono perlopiù vitamine, antibiotici o antidolorifici. Tanti soffrono infatti di dolori muscolari perchè costretti a dormire raggomitolati al suolo o su scomode amache. Quasi la metà soffre di scabbia, un parassita della pelle, che prolifera nella promisquità. In ambulatorio intravvedo due detenuti pelle e ossa distesi sul lettino. Ci sono anche casi di tubercolosi e HIV.

L’infermeria della prigione consiste in due piccole sale: in una si trovano tre sgangherati letti per i detenuti malati, l’altra serve da farmacia e posto di lavoro per i due infermieri che putroppo non hanno alcun mezzo a disposizione in quanto lo stato, che dovrebbe provvedere al rifornimento di farmaci mensilmente, li fornisce solo due volte all’anno.

Come se le condizioni non fossero abbastanza dure, prima di uscire, scopriamo che le scorte d’acqua della prigione sono praticamente esaurite e non hanno mezzi finanziari per un rifornimento. L’ennesimo compito che lo stato non svolge come dovrebbe. Un camion costerebbe circa 80 dollari americani… Ci pensiamo un attimo e decidiamo che sarebbe sicuramente un buon modo per usare una parte dei soldi delle donazioni, peccato non averli i tasca!

Usciti, andiamo a salutare Père Luis, il parroco di Anse-à-Veau che non avevamo ancora incontrato. Gli spieghiamo la situazione e lui ci dice che abitualmente quando ha un po’ di soldi ordina un camion e gli fanno un prezzo speciale. Io per scaramanzia ricontrollo nel mio borsello e magicamente trovo 100 dollari… detto fatto, l’indomani al carcere arriverà l’acqua e 153 detenuti potranno, per un mese, bere e lavarsi.

5 thoughts on “In prigione ad Anse-à-Veau

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  1. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.

  2. Cari Maria Laura e Seba
    ho letto i vostri scritti e mi sono tornate alla mente tante avventure vissute a Barranquilla e le esperienze dei campi di lavoro della Tre Pini nei diversi continenti…
    Vedo che in certe realtà le situazioni si assomigliano e che, anche se sono passati tanti anni dall’esperienza di Barranquilla, la crescita e lo sviluppo non hanno fatto lo stesso progresso in ogni Paese.
    Mi immedesimo nelle vostre piccole e grandi frustrazioni di ogni giorno ( avrei voluto essere una mosca per assistere al lavoro delle termiti e del canale di gronda…)
    un caro saluto e un abbraccio, papà

    1. Caro papà/suocero, ci fa piacere che i nostri racconti risveglino anche ricordi di altre avventure! In effetti ci sono tante somiglianze, ma anche differenze con altre situazioni nel mondo. Ognuna, dalla visita alla prigione ai lavori di riparazione della grondaia, ci permette di conoscere un po’ meglio gli haitiani…

  3. A Nordestina e a Valadres in Brasile dove abbiamo svolto gli ultimi due campi di lavoro con gli scaut della Tre Pini di Massagno l’acqua che siamo riusciti a donare è servita alle comunità per permettere di coltivare ortaggi necessari per il loro sostentamento, ad Anse-à-Veau per dare ai carcerati un bene che noi scialacquiamo abbondantemente. Bravi Merilu e Seba.

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