Con piacere il pensiero ritorna a casa per scrivere sulla rivista. In verità lo faccio spesso perché tante persone si interessano al progetto e vivo quella prossimità che non ha criterio geografico. Farò un’istantanea di quello che stiamo vivendo in Haiti, non certo del paese perché non sarebbe possibile.
Siamo in una terra ferita che scalpita per rialzarsi, ci ha accolto senza domande, con entusiasmo e curiosità. La Conferenza Missionaria aveva organizzato ogni cosa, una splendida abitazione in un paesino che permette di resistere a quel caldo che presto incendierà l’estate, relazioni di fiducia con la Chiesa locale che ha espresso in molti modi la gratitudine per la nostra presenza, persone capaci che hanno pensato al Progetto per facilitare il nostro percorso.
Il primo contatto in terra haitiana è stato quindi semplice e immediato, la fase successiva sembra invece molto più complessa. Per fisionomia rappresentiamo la ricchezza, la possibilità di ottenere risorse, gente che ha la facoltà di scegliere in che modo determinare la sua sorte. Quest’aspetto corrompe, pur senza intenzionalità, gli incontri che succedono e complicano questo primo periodo di avvicinamento e ricerca di familiarità. Era plausibile e comprensibile ma snatura la nostra volontà di servizio, faremo il possibile per rompere questa dinamica. Il mio lavoro in Caritas Ticino è stato una buona palestra, succedeva pressoché lo stesso.
Ho incontrato migliaia di persone nel Programma occupazionale molte delle quali arrivavano con pregiudizio e rancore perché non ne comprendevano lineamenti e motivazioni. A migliaia ho stretto la mano e le ho abbracciate quando il percorso è terminato, perché tra quel principio e il termine istituzionale, si era condiviso un pezzo di vita. Quel tempo, unico plausibile, nella fatica di costruire opportunità lavorando insieme, stupiva gli sguardi e ne addolciva i lineamenti. Amicizia, lavoro, fraternità, ascolto, speranza, tutto qua, ed è stato molto.
Ho sulla pelle quell’esperienza e ad essa mi rifaccio quando qui persiste solo l’idea di noi e non interroga cuore e mente delle persone. La missione implica consegnare un tempo della vita al servizio, noi ci proviamo seppure ad oggi nell’attesa, ma sempre con entusiasmo.
Prossimi a visitare le cento scuola cattoliche della Diocesi, entreremo in punta di piedi. Siamo pronti all’azione ma è prematura, il progetto destinato a migliorare la qualità dell’educazione lo faranno loro, noi li accompagneremo per un pezzo, continuando a dirgli che è possibile. Come ho detto è ancora un tempo di attesa, come la Quaresima, le tentazioni sono molte e il cammino nel deserto lungo e difficile.
Quando sarà troppo faticoso avanzare anche di un solo passo, lasceremo il pensiero correre a casa, nelle nostre Comunità, ricordandoci che lo stiamo attraversando insieme. Così lo sguardo non lascerà l’orizzonte dove è visibile solamente una Croce e su di essa un uomo, con la fiducia che una volta arrivati non sarà più lì.
(Estratto dall’ultimo numero della rivista di Caritas Ticino)
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