Terminato il periodo Pasquale rinnoviamo la speranza e dichiariamo la volontà di agire. Sono stati giorni di riposo e riflessione.
Il censimento delle scuole ha permesso di toccare furtivamente una realtà che non lascia spazio ad interpretazioni: edifici malridotti, penuria di risorse primarie, comunità rurali micro-mondi troppo distanti dalla Capitale dove chi amministra il potere è più straniero di noi, l’entusiasmo di centinaia di bimbi.
L’esordio è l’emergenza poi ti rendi conto che è realtà da condividere. Durante le visite abbiamo fermato le prospettive in decine di luoghi, pensando che fosse bene partire ricostruendo. Francesco d’Assisi fu chiamato a fare lo stesso e cominciò da San Damiano poi comprese che c’era un cuore da sanare, il suo… e quel cammino ne guarì migliaia, fino a raggiungere la Chiesa che considerava madre. Fece questo abbandonando e lottando contro nuclei di potere che mortificavano, cercando conforto tra gli ultimi, piccoli uomini dimenticati eppure così prossimi… e il poverello d’Assisi divenne l’altro Cristo.
Apparentemente chiunque abbiamo incrociato in questo primo contatto aveva occhi di speranza per quegli strani bianchi che senza preavviso bussavano alla loro porta malmessa e noi mascherati di umiltà, pur tacendo, immaginavamo di poter trovare una risposta. Poi quegli sguardi si sono moltiplicati e poi altri e altri ancora… cosa fare… le soluzioni cominciavano a scarseggiare perché inappropriate o quanto meno selettive in quel mare di bisogno.
Abbiamo deciso che l’onnipotenza la lasciamo a Dio, noi proveremo a metterci cuore, testa e braccia. Più potente di qualsiasi impresa costruttrice, più efficace di ogni risoluzione progettuale, più importante delle nostre volontà, sono gli occhi di quei bimbi che con le scarpe rotte sognano di poter essere bimbi. Così abbiamo rivolto lo sguardo a loro, abbiamo recuperato l’idea saggia e originale della Missione deducendo che la loro educazione è il cuore da sanare e ci siamo ricordati di quei professori che all’ombra di un albero perseverano nel non abbandonarli a un futuro senza lettere e storia… ed essi ci hanno rieducato alla Missione.
Partiremo dalle persone, tre colleghi locali che ci insegneranno Haiti… e busseremo di nuovo alla porta di piccole comunità, una alla volta, offrendo la nostra presenza. Le nostre forze saranno orientate a costruire spazi di formazione condivisi, nuclei di sapere a servizio dei piccoli perché indipendentemente dalle circostanze a loro è dato di diventare uomini di speranza, educati all’amicizia, la solidarietà, la pace, il bene comune, ecc. Faremo comunque anche il possibile per determinare spazi di partecipazione dove sarà la gente locale a dover riparare quanto manca perché l’atto di prendersene cura è la sola testimonianza di un possibile cambiamento.
Forse non daremo risposta immediata e strabiliante alla grande generosità della nostra comunità che ha donato a sostengo del Progetto inviando foto di edifici nuovi e bambini in festa per la loro inaugurazione. Sogniamo che a gratificare quella volontà di bene saranno centinaia di ragazzi invisibili che, pur cresciuti in scuole semplici e spesso inadeguate, innaffieranno questa terra di prospettive nuove perché educati a diventare uomini di speranza.
Va e ripara la mia casa…

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