È già trascorso un mese dal nostro arrivo ad Haiti e in questo periodo sicuramente siamo già un po’ cambiati, sia nella gestione della vita quotidiana, sia nel nostro modo di vedere e pensare sul mondo che ci circonda.
Ora le nostre giornate sono scandite dal sole e non dall’orologio. Alla mattina ci alziamo all’alba non con la sveglia del telefono, ma con i suoni della natura e della gente che inizia le proprie attività appena c’è luce.
Esco subito ad aprire il pollaio, do una manciata di mais alle nostre galline, ammirando il magnifico panorama, ogni giorno diverso. La colazione con pane marmellata e caffé è l’unica tradizione che non abbiamo cambiato.
Alla mattina spesso lavoriamo un po’ con i nostri collaboratori, io fuori assieme ad Evens, Mery in casa con Vivian. Non mancano mai i lavori: pulire, cucinare, fare ordine, lavare i panni, raccogliere i fagioli, preparare l’orto, bagnare,…
Pranziamo sempre assieme ai nostri collaboratori e ci alleniamo a parlare in creolo. Mangiamo riso e fagioli, mais e miglio che sono i cibi tradizionale, ma abbiamo anche portato la nostra cucina adattata agli alimenti che si trovano qui. A proposito compriamo quasi solo frutta e verdura ai mercati locali e ormai siamo quasi vegetariani perchè di carne non ne gira molta e quella che si trova spesso lascia molto a desiderare. Per fortuna le nostre galline ci danno un paio di uova al giorno. Abbiamo scoperto un sacco di frutta che non conoscevamo molto buona… gli haitiani fanno praticamente solo succhi, ma Mery, cercando in rete sta insegnando loro a fare delle ottime marmellate, insalate ed altre buone ricette.
A volte, parlando a pranzo, scopriamo che Vivian e Evens non conoscono certe cose, allora mostriamo delle foto da internet e loro sono stupiti come bambini. Un giorno ho mostrato a Vivian la foto di un Anaconda e lei si è spaventata come se fosse lì veramente.
Dopo pranzo spesso ci spostiamo a visitare scuole e dispensari della zona oppure per fare acquisti al mercato. In questo ci guidano Francisco il nostro esperto compagno missionario, Père Yves, oppure anche il nostro autista di fiducia che conosce bene le strade.
Qualsiasi cosa qui richiede tempo, anche la più semplice, e una volta fatta, di solito, si è esausti, ma contenti per aver scoperto qualcosa di nuovo.
Alla fine del pomeriggio, se abbiamo tempo, prendiamo lezione di creolo da un giovane maestro del paese. Discutendo con lui ci accorgiamo di come qui anche il modo di pensare e la visione del mondo sia diversa. Per caso ho scoperto che non aveva idea di chi fosse Einstein e non aveva mai sentito parlare di Federer. Una volta facendo un esercizio Mery ha usato parole diverse dal testo e lui era sorpreso che non ripetesse a memoria. Un’altra volta ci siamo accorti che riassumere in modo schematico per loro è molto difficile.
Alle cinque e mezza è già notte. Prima di cena di solito cerchiamo informazioni, scriviamo rapporti, contabilità o prepariamo per le attività dei giorni seguenti. A cena siamo soli, per cui ne approfittiamo per cucinare cibi che gli haitiani non amano molto, come insalate fredde, torte di verdura o pasta (loro amano la pasta, ma per colazione!).
Una volta finito di lavare le stoviglie e pulita la cucina, è notte fonda, attorno si vedono poche luci e si sente solo la musica del baretto lungo la strada, ma non c’è più nessuno in giro. Per la maggior parte della gente che non dispone di luce elettrica, non resta altro che dormire, ma anche noi che siamo più fortunati, di solito leggiamo qualcosa ci facciamo una doccia (l’acqua è sempre gelata) e poi andiamo a dormire molto presto.
Le giornate sono intese, ma il ritmo è molto diverso da quello “occidentale” a cui eravamo abituati. La gente qui si prende il tempo per fare una chiacchierata, per darti una mano, per fare una pausa, ma sa anche lavorare duramente. Il fatto è che la maggior parte vive in modalità “sopravvivenza”: bisogna trovare qualcosa da mangiare, andare a prendere l’acqua, trovare un posto dove legare la capra perchè abbia abbastanza cibo, oppure raccimolare i soldi necessari per pagare la tassa scolastica, il tutto con un orizzonte di pochi giorni al massimo.
Anche se il blocco del paese è terminato e a prima vista sembra tutto tornato alla normalità, le conseguenze in realtà sono pesanti. Père Yves ci dice che gli effetti economici e sociali sono paragonabili a quelli del terremoto di cui domenica si commemorerà il decimo anniversario. Una fetta ancor più grande della popolazione vive ora in miseria e le prospettive per il futuro sono grige, dato che il clima di instabilità politica persiste. Anche gli impiegati statali, come i maestri, non ricevono salario da oltre tre mesi, certi da oltre nove!
Tuttavia è incredibile vedere come anche in queste condizioni, tante persone continuino a lavorare e prestare servizio al prossimo e ciò ci da forza e speranza per il lavoro che ci attende!
Terminavate l’ultimo articolo (a proposito, grazie per illuminare le nostre giornate con i vostri racconti), parlando del senso d’impotenza e d’ingiustizia per il privilegio di avere l’acqua. Mi è venuto in mente il finale dell’ultimo film di Checco Zalone, dove un cartone animato fa vedere le cicogne che portano i bambini e quelli sfortunati vanno a finire in Africa. Con la vostra testimonianza ci ricordate come la “fortuna” di essere nati in un posto dove abbiamo tutto (dove manca “l’orizzonte sopravvivenza”), deve anche aumentare la responsabilità che abbiamo verso il prossimo.
Caro Maurizio, ho appena capito come gestire i commenti degli utenti e i tuoi bei messaggi non so per quale motivo erano in sospeso. Cercherò di essere attento per renderli sempre visibili. Un grazie di cuore per la vostra vicinanza!
E’ un piacere leggervi. Mi fa riflettere su un sacco di cose e mi fa venire una gran voglia di partire…fintanto che posso farlo.
Cara Pamela, sono contento che leggi il nostro blog con il quale cerco di condividere la nostra esperienza assieme a tutti quelli che ci seguono da casa. Non è mai troppo tardi per lanciarsi in un’avventura così, specialmente se si ha uno spirito giovane come il tuo!